Sono nata in un paesino nella verdeggiante Garfagnana, in provincia di Lucca, nella bellissima Toscana, classe 1979, figlia di medico di base e di un’insegnante di storia e filosofia, sorella architetto, un cane di nome Lassie e un pappagallo di nome Coccorito. All’epoca non eravamo molto fantasiosi con i nomi, ma poi ci siamo rifatti nel tempo. Cresco felicemente nei ruggenti anni 80 e 90, che ricordo con tanto affetto e spensieratezza, ogni giorno era un’avventura, giocavo all’aperto come se non ci fosse un domani, ascoltavo musica, guardavo i telefilm (sì, una volta si chiamavano proprio così) i cartoni animati giapponesi alla tv e giocavo con le Barbie.
Inizio ad andare a scuola a 5 anni, facendo la prima privata da una bravissima maestra in pensione ed entrando nella scuola pubblica direttamente alla seconda elementare, previo esame d’ingresso. Di quel giorno ricordo soltanto che mi impegnai tantissimo e uscii trionfante da quell’aula con le gote rosse e le orecchie fumanti, come se avessi scalato l’Everest, a 6 anni. Quello fu l’inizio della mia vita scolastica. In salita.

“Come fai a tirare le fila di una vecchia vita? Come fai ad andare avanti quando nel tuo cuore cominci a capire che non si torna indietro? Ci sono cose che il tempo non può accomodare, ferite talmente profonde che lasciano il segno” 

"Il Signore degli Anelli: Il ritorno del re", di Peter Jackson

Facendo un salto in avanti di qualche anno e arrivando alla scelta universitaria, decido di iscrivermi alla facoltà di Psicologia di Firenze nel lontano a.a. 1998/1999, con un drastico e netto colpo di coda rispetto alle scelte scolastiche fatte in precedenza e, con non pochi dissapori familiari. Sempre della solita salita si parla.
Perciò, tra un trattato di psicologia, un po’ di statistica, biologia, sociologia, antropologia culturale, etologia, psicologia clinica, psicopatologia, storia della psicologia, fondamenti anatomo-fisiologici e tutte le teorie psicologiche possibili e immaginabili, tra gioie e dolori, finalmente, nell’ a.a. 2006/2007 (me la son presa abbastanza comoda) mi laureo, con la soddisfazione (e sollievo) di tutti, men che della mia relatrice di tesi, la quale, durante la faticosa stesura della tesi, mi disse: “Ma tu sei sicura di volerti laureare?”...
Lì per lì mi scoraggiò tantissimoquella sua affermazione, considerato anche il fatto che non ebbi mai alcun aiuto da parte sua, non c’era ancora l’accesso a internet facile, economico e veloce come ora, tanto meno tutto il materiale gratuito che si trova in rete, ma ripensandoci adesso, forse, quella domanda mi dette la giusta grinta e spinta motivazionale per dimostrare che invece potevo e volevo arrivare in fondo. E così fu. Come si dice, il resto è storia.

“Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.“

"Kafka sulla spiaggia”, di Haruki Murakami"

E così, poi arrivarono il tirocinio post-laurea, l’esame di stato, l’abilitazione alla professione e le prime esperienze lavorative, insieme al continuo percorso formativo tra i vari Master, workshop, corsi e aggiornamenti, che in realtà non si è ancora fermato (e non credo si fermerà mai).
Approdo, infine, alla scuola di specializzazione in psicoterapia cognitivo-comportamentale di Firenze nel 2010 e trascorro lì 4 lunghi anni di crescita professionale e personale. Mi specializzo nel 2013, ma già iniziavo a vedere i primi pazienti dal 1° anno di scuola, grazie sia al tirocinio di specializzazione in parallelo alla scuola, che in studio o per progetti di collaborazioni con enti, scuole e servizi socio-educativi del territorio.
Ricordo perfettamente ancora oggi il mio primo paziente in studio e lo ringrazio per la fiducia, la collaborazione e il coraggio. Fu una bella esperienza. Finalmente fui ripagata di tanta fatica.
Nel mio percorso lavorativo e di vita ho conosciuto tante persone e ascoltato le loro storie, ognuna delle quali ha lasciato qualcosa, arricchendomi prima di tutto come essere umano e poi, come professionista della salute mentale.

"Se sei abbastanza coraggioso da lasciarti dietro tutto ciò che è familiare e confortevole, e che può essere qualunque cosa, dalla tua casa ai vecchi rancori, e partire per un viaggio alla ricerca della verità, sia esteriore che interiore; se sei veramente intenzionato a considerare tutto quello che ti capita durante questo viaggio come un indizio; se accetti tutti quelli che incontri, strada facendo, come insegnanti; e se sei preparato soprattutto ad accettare alcune realtà di te stesso veramente scomode, allora la verità non ti sarà preclusa"

Elizabeth Gilbert, “Mangia, prega, ama”

Il lavoro di psicoterapeuta, così come quello dello psicologo (c’è differenza) non è un lavoro facile, né semplice, che si fa per ripiego o per caso. È un lavoro complesso, difficile e lo si sceglie, o esso sceglie noi, come poi è successo a me. Richiede una certa predisposizione naturale all’ascolto empatico, alla collaborazione con l’altro, allo scambio emotivo e intellettivo, all’apertura verso l’altro ma scevra da giudizi o pregiudizi, oltre che a una sana voglia di prestare aiuto e cura, con compassione, coscienza, conoscenza, serietà e un pizzico di ironia. Non fa per tutti, voglio sottolinearlo, perché se non si ha una certa integrità e solidità emotiva, intellettiva e identitaria, questo lavoro può travolgere e fare danni, a se stessi e ovviamente a chi ci sta di fronte. Per questo motivo abbiamo necessità di formarci continuamente, tenerci aggiornati, allenare la mente e il corpo, oltre che lavorare sui casi con dei colleghi, di eguale (intervisione) o superiore(supervisione) esperienza lavorativa nel campo.