LA TERAPIA DELLE PAROLE :)


tempo di lettura 2 minuti
LA TERAPIA DELLE PAROLE?

LE PAROLE, CURANO?

“La parola è, secondo molte visioni, uno strumento di trasmissione di concetti o informazioni o idee attraverso il riferimento a convenzioni precedentemente "pattuite", in base alle quali date sequenze di suoni o di segni grafici indicano (con maggiore o minore precisione ed inequivocabilità) un significato riconoscibile tanto da chi lo emetta quanto da chi lo percepisca; nell'identità di interpretazione di tali sequenze, si stabilisce la comunicazione, venendo pertanto a perfezionarsi la trasmissione dell'idea, dell'informazione o del concetto”. (Parola - Wikipedia)

Quindi le parole sono alla base di tutte le interazioni verbali umane, è ciò che come specie umana ci contraddistingue e ci differenzia dagli animali. Esiste anche la comunicazione non verbale che ha anch’essa una sua rilevanza e funzione, può sostituire, integrare e arricchire la comunicazione verbale. Si pensi ad esempio alle espressioni facciali, lo sguardo, la mimica, la gestualità, la postura e il comportamento che viene messo in atto nella situazione specifica. Non a caso si dice spesso che uno sguardo o un gesto valgano più di mille parole.
Ma torniamo alla domanda iniziale: le parole, curano?
La risposta breve è sì, per la risposta lunga bisogna investire qualche minuto del nostro tempo e continua a leggere.
La psicoterapia è anche detta terapia delle parole, in quanto, come sarà facilmente intuibile, lo strumento primario che viene utilizzato è proprio questo; a differenza del medico ad esempio, lo psicologo non può somministrare farmaci, viene da sé che dobbiamo diventare prima di tutto esperti dell’uso corretto della parola (oltre che dei silenzi e del non verbale ovviamente) attraverso domande strategiche e riflessioni condivise con il paziente.
Ma in che modo le parole possono avere un potere curativo?
La risposta possiamo ricercarla nella stessa storia dell’uomo e della medicina (e della filosofia) al tempo in cui le parole, la vicinanza emotiva ed il contatto fisico erano gli unici strumenti di cura possibili per ogni forma di disturbo, fisico e psicologico. Si pensi ad esempio allo sciamanismo, i famosi guaritori che assumevano questo ruolo all’interno delle comunità e che con le parole e qualche suggestione del caso (anche bizzarra e scenografica) tentavano di guarire le persone. Alcune volte ci riuscivano, altre, ovviamente no.
Come si spiega questo fenomeno?
Le moderne ricerche scientifiche in materia, ce lo spiegano attraverso il ben noto “effetto placebo” (e di contro, “effetto nocebo”) ovvero, ci dimostrano che, l’uso strategico delle parole ha (o può avere potenzialmente) un potere terapeutico, grazie all’attivazione del meccanismo psicologico dell’autosuggestione, dell’aspettativa sperata e della compliance (aderenza) alla terapia ed al cambiamento (guarigione). Detto in altri termini, se assumendo un farmaco sono anche convinta/o che mi faccia passare il dolore di lì a breve, andrò ad aumentare sinergicamente il potere curativo dello stesso, ma non solo. Al contempo, se ad un campione di controllo, viene dato un sostitutivo di quello stesso farmaco (una sostanza farmacologica inerte) senza dichiararlo al soggetto stesso (che crede invece di assumere il vero farmaco) si ha una reazione psicologica, e talvolta anche fisiologica (detta placebo appunto) che porta ad avere gli stessi effetti del farmaco, senza averlo assunto realmente.
E’ incredibile ciò che la nostra mente può fare! 🙂
Le parole possono essere perciò terapeutiche perché rassicurano, incoraggiano, calmano, infondono fiducia, speranza, conforto e motivazione al cambiamento creando un’aspettativa positiva nella persona stessa, creando così, un circolo virtuoso autoperpetuante.
Nel bellissimo libro uscito nel 2018 di Fabrizio Benedetti “La speranza è un farmaco” (vedi sotto nelle letture consigliate) emerge che le parole attivino le stesse vie biochimiche della morfina e dell’aspirina (così come produciamo le endorfine ovvero la “morfina endogena”) risultato di numerosi studi scientifici e aprendo uno scenario innovativo nella relazione di cura, per la comprensione della forza della speranza nella sofferenza psicologica e nella malattia fisica.

La speranza è l’ultima a morire e senza speranza si muore molto prima di aver esalato l’ultimo respiro.


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