SE NON ORA, QUANDO? SE NON TU, CHI?


tempo di lettura 3 minuti

SE NON ORA, QUANDO? SE NON IO, CHI?

Cosa significano queste domande?

Partiamo dalla prima: “SE NON ORA, QUANDO?”
Quando le persone si rivolgono a noi psicologi e psicoterapeuti arrivano con un bagaglio di esperienze, di vita certamente, ma anche relative alla problematica psicologica presentata che, molto frequentemente, esiste già da tempo, spesso anni, spessissimo mesi.
Quindi perché arrivano solo in quel momento e non prima?
Il processo psicologico sottostante alla richiesta d’aiuto è complesso, non arriva in automatico nell’immediato, non risulta così facile da comprendere, come potrebbe sembrare ad una prima analisi esterna ed è naturalmente diverso da persona a persona. Come tutti i progressi, anche questo necessita che i tempi (tempi soggettivi) della persona siano maturi, vincolati allo sviluppo di una sana auto-consapevolezza di avere un problema e anche una certa dose di realismo e umiltà (“non riesco e non posso farcela da solo/a”). E, auspicabilmente, dovrebbe essere anche scevro, almeno in parte, da giudizi (o meglio, pre-giudizi) rispetto alla psicoterapia, alla psicologia, alla figura dello psicologo, la salute mentale e, in generale, alla tematica della richiesta di aiuto. Ognuno di noi, infatti, ha una propria storia, fatta di tanti piccoli episodi e narrazioni, una sua specificità biologica e personologica come essere umano, un contesto di vita influenzane e il tema “chiedere un aiuto esterno” è un aspetto molto delicato, che è esso stesso spesso motivo di attenzione e lavoro, specie nelle prime fasi della psicoterapia, quando vengono sottoposte le fatidiche domande:
“Perché arrivi da me proprio ora?
Cosa ti ha impedito di farlo prima?”
Le risposte a queste domande ci aprono un varco ad una narrazione soggettiva, una finestra sul mondo interiore della persona, su come arriva a chiedere il nostro aiuto, sul perché proprio noi e il perché non è riuscito/a a farlo prima: nella maggioranza dei casi, la risposta è: “volevo farcela da solo/a”.
E qui si apre un mondo e anche molte altre strade perseguibili all’interno del percorso di cura.

Per quanto riguarda la seconda domanda? “SE NON TU, CHI?”
Strettamente collegata alla prima riflessione sopra fatta, dove il punto centrale è stato l’auto-consapevolezza, il capire di avere un problema e rendersi conto che da soli non ce la facciamo (e non c’è assolutamente niente di male nell’ammettere questa cosa, anzi, è un atto di coraggio) adesso viene da sé porci anche la questione di ripristinare un senso di responsabilità nel processo di cambiamento nella persona stessa che si rivolge a noi.
Se è vero che, prendere atto di avere un problema, può anche non essere necessariamente il passo che precede il chiedere aiuto ad un professionista del campo (può valere per tutte le discipline medico sanitarie) infatti, di sovente, passa un periodo di latenza in cui la persona cerca soluzioni alla sua portata nel tentativo di una risoluzione al problema in modo autonomo. In molti casi, soprattutto quelli in cui il disagio psichico è momentaneo e di livello sintomatologico lieve/medio, questo può bastare: esistono infatti situazioni in cui l’auto-aiuto e il potere di auto-guarigione del nostro organismo e in del nostro cervello sono sufficienti (evviva!).
Ma, altrettanto spesso, purtroppo, non solo la situazione problematica di partenza non si risolve, ma addirittura viene peggiorata, aumenta la probabilità che si sviluppi un vero e proprio disturbo psichico conclamato o il cronicizzarsi dello stesso e, a catena, potenzialmente, lo scaturirsi di effetti collaterali secondari, spesso nocivi quanto il problema di partenza.
Restituire alla persona un senso di responsabilità sana (da non confondere con la colpevolizzazione inutile e deleteria) nel processo di richiesta di aiuto, di cura e di cambiamento stesso, significa perciò ridare il giusto equilibrio e sinergia ai ruoli svolti all’interno del lavoro psicoterapeutico (il ruolo di curante e curato) e ridona vitalità, efficacia, autonomia, fiducia, umanità, coraggio, forza e dignità alla persona che lo sperimenta, come soggetto attivo del proprio progresso, successo, guarigione e perché no, rinascita.

 

Quindi: SE NON ORA, QUANDO? SE NON IO, CHI?

 


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